Il ransomware è ormai una parola nota anche ai non addetti ai lavori. È il tipo di attacco in cui i criminali informatici bloccano i tuoi dati con una cifratura e chiedono un riscatto per ripristinarli. Ma negli ultimi anni questa minaccia si è evoluta in una forma ancora più insidiosa e difficile da fermare: il ransomware da remoto.
Questo tipo di attacco è oggi tra i più pericolosi perché non colpisce direttamente il computer dell’utente, ma utilizza un dispositivo compromesso per cifrare i file di altri dispositivi collegati alla rete aziendale. In altre parole, non ti accorgi nemmeno dell’infezione finché non è troppo tardi.
Cosa cambia rispetto al ransomware “classico”?
Nel ransomware tradizionale, l’attacco parte e si consuma sullo stesso dispositivo: si clicca su un allegato infetto o si visita un sito pericoloso, e il malware comincia subito a cifrare i file dell’utente.
Nel caso del ransomware da remoto, invece, l’attaccante compromette un solo endpoint — magari un portatile mal protetto — e da lì lancia l’attacco su altri dispositivi presenti nella stessa rete, sfruttando le connessioni di dominio e le autorizzazioni esistenti. I file vengono cifrati altrove, e spesso su macchine che sembrano perfettamente protette.
Il risultato? L’attacco passa inosservato dai normali antivirus o dalle soluzioni endpoint standard, perché il dispositivo in cui avviene la cifratura non mostra attività sospette. È come se il ladro usasse una chiave rubata per aprire altre porte… senza forzarle.
Perché è così difficile da bloccare
Il ransomware da remoto aggira molti dei sistemi di protezione tradizionali. Le soluzioni classiche, infatti, monitorano i file dannosi e i processi anomali sui dispositivi locali. Ma in questo tipo di attacco:
- i file cifrati sono “altrove”,
- il processo di cifratura avviene in rete,
- l’attività del malware resta “silenziosa” dal punto di vista tecnico.
Senza una protezione avanzata capace di analizzare il comportamento a livello di rete e di identificare anomalie anche su dispositivi non direttamente compromessi, è praticamente impossibile accorgersi dell’attacco in tempo utile.
Il fattore di rischio più alto? I dispositivi non gestiti
La maggior parte degli attacchi ransomware da remoto sfrutta endpoint non protetti o non aggiornati. Parliamo di dispositivi temporanei, personali o semplicemente trascurati nella gestione IT: spesso portatili in smart working, dispositivi lasciati accesi in rete o macchine obsolete mai dismesse del tutto.
È sufficiente un solo punto debole per compromettere l’intero ambiente: la cifratura può estendersi in pochi minuti a file condivisi, server centrali o dispositivi critici. E anche se il dispositivo iniziale è protetto, basta una configurazione sbagliata o l’assenza di segmentazione di rete per spalancare le porte all’attacco.
Come si può fermare questo tipo di minaccia?
Per contrastare il ransomware da remoto non bastano più antivirus e firewall. Serve un approccio moderno e multilivello, che includa:
- Tecnologie di protezione avanzata come Sophos Intercept X con CryptoGuard, capaci di individuare la cifratura anche se parte da un altro dispositivo ;
- Soluzioni XDR (Extended Detection and Response) per ottenere visibilità su tutto l’ambiente IT;
- Segmentazione della rete con logiche Zero Trust (ZTNA), per evitare che un attacco possa propagarsi liberamente;
- Backup sicuri e isolati, verificati periodicamente;
- Monitoraggio attivo del traffico di rete con strumenti NDR (Network Detection & Response) per rilevare flussi sospetti tra dispositivi.
Conclusione: il pericolo è silenzioso, ma non inevitabile
Il ransomware da remoto è pericoloso perché non fa rumore, ma i danni che lascia sono devastanti. Non basta più proteggere i dati: bisogna monitorare come si muovono, chi può accedervi, e bloccare ogni comportamento sospetto in tempo reale.
Oggi, proteggersi significa agire in anticipo, con strumenti intelligenti e una strategia di sicurezza che non dia nulla per scontato. Perché nel mondo digitale di oggi, anche un solo dispositivo trascurato può mettere in ginocchio un’intera organizzazione.



